Era la primavera del 2013 quando avviai la prima stesura di “Come echi eterni”. L'idea di partenza della trama è nata qui, tra queste vaste campagne modenesi: luoghi per me davvero speciali, pieni di ricordi relativi a pomeriggi spesi in giri in bici e soprattutto a fare jogging.
Non so bene se esista una ragione estetica (saranno forse i vasti orizzonti pianeggianti), ma quei campi mi hanno sempre trasmesso un forte senso di libertà. E allora ecco lì quel rudere, che mi portò a immaginare casa Andena, il boschetto retrostante; e, non lontano, il sottopassaggio della ferrovia che fu di ispirazione per l'incontro tra Bill e Jerry.
Rivivevo certe scene ogni volta che ci passavo e avrei continuato a riviverle anche quando le scrivevo o le revisionavo al computer.
Da adesso questa storia prenderà il largo. Non sarà più solo un mio geloso progetto.
È stato un quinquennio di lavoro intensissimo e, rilettura dopo rilettura, questo romanzo è cresciuto con me e si è arricchito di un'infinità di dettagli e modifiche che pensavo comunque non sarebbero mai stati sufficienti per farmi contento.
Devo molto a questo libro in termini di maturazione personale. Si è rivelato un'esperienza utilissima e posso ora assicurare che una fantasia ben consolidata può avere la stessa consistenza di un vecchio ricordo di vita vissuta.
Non dimenticherò mai i giorni in cui quella ciclabile riusciva a farmi sentire ancora più dentro alle vicende di questa storia. Diventava l'unico posto al mondo nel quale avrei voluto essere.